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PRIGIONE (2024)

Un anziano e i suoi ricordi di guerra, un giornalista chiamato a raccoglierli e a raccontarli. L’incontro tra questi due uomini, all’apparenza così diversi, mette a nudo le loro coscienze. Il confronto si trasforma in un duello psicologico, che disvela i segreti che segnano le loro vite. 

Sullo sfondo la storia d'Italia: dalla caduta dell'oasi di Cufra nel 1941 ai primi moti contadini in Calabria, subito dopo l’Armistizio e la Liberazione. Dalle tensioni politiche e ideali nella Liguria del primo dopoguerra, agli anni del boom e della rivoluzione dei costumi. L'ex sergente Enrico Costa è testimone silenzioso delle profonde trasformazioni e contraddizioni della società italiana. I segreti che nasconde rivelano la tragedia umana di una generazione perduta dalla guerra e dalle ideologie.

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Perché non mi racconta il resto della sua vita? Mentre lo dicevo, capii che era questa curiosità a tenermi ancora legato al sergente Enrico Costa. Sentii uno strano vuoto dentro di me, quell’uomo aveva risvegliato ricordi che pensavo sepolti. 

Spensi il registratore. Non avevo scritto un solo appunto sul taccuino. Fissai gli oggetti che erano sul tavolo, davanti a me. Il registratore, il taccuino, la penna, il bicchiere e la tazzina vuoti. Fissai la bottiglia, c’era rimasta un’ombra di amaro. Mi sembrò l’immagine perfetta delle nostre vite. 

POSTFAZIONE

Enrico Costa è un uomo qualunque. Diventa protagonista del romanzo suo malgrado, spronato da un giornalista che ne ha intuito le potenzialità. Costa, come tanti altri, è stato catapultato dai capricci della storia nelle grandi trasformazioni dell’Italia. Ma lui ha qualcosa in più: è stato un testimone disincantato e critico, al tempo stesso ai margini e partecipe dei colossali scontri ideologici che hanno attraversato la storia nazionale a partire dal tragico 1943. È un uomo al confine e per questo emblematico di un carattere nazionale. 

Il protagonista accetta di raccontarsi al giornalista, riallacciando i fili della memoria a partire dalla sua avventura nel deserto libico. A poco a poco disegna la sua parabola esistenziale, svelandone i drammi e le passioni, fino a metterne a nudo i segreti più intimi. “Prigione” diventa, così, il necessario epilogo di una trilogia dedicata al Sahara e che ha proprio nel sergente Enrico Costa il filo rosso che lega i tre romanzi. 

 

Il primo capitolo della trilogia, “Anime perdute del deserto”, lo vede testimone e coprotagonista, un doppio ruolo che anticipa una caratteristica di tutta la sua esperienza. Nato in Tunisia da emigranti italiani, per sfuggire alle sempre più oppressive leggi del governo francese, Costa si trasferisce con la famiglia a Tripoli, nella Libia italiana. Qui subisce la fascinazione del fascismo e del carisma del governatore Italo Balbo, diventando sergente dell’Autosahariana. Una vita che sembra segnata dai rituali del regime, almeno fino all’incontro con l’uomo che cambierà il suo destino: il capitano Marcello Olimpo.

I due si conoscono nell’oasi di Cufra, nel profondo deserto libico, pochi giorni dopo l’entrata in guerra dell’Italia. Fin dal primo momento Costa è affascinato da questo misterioso ufficiale, un agente segreto inviato da Italo Balbo e che gli arabi chiamano con rispetto “figlio del deserto”. 

Insieme intraprendono una cavalcata lunga cinque mesi attraverso i luoghi più impervi del Sahara, sfiorando le prime azioni belliche. Scorrazzando sulle piste solitarie tra Cirenaica e Ciad, Olimpo e Costa ingaggiano una guerra personale di intelligence, all’ombra del grande dubbio: è stato Mussolini a volere la morte di Italo Balbo, perché sospettato di voler trattare una pace separata con i nemici inglesi?

 

La grande Storia si intreccia con le vicende personali, sullo sfondo seducente e arcano del Sahara. Il capitano Olimpo sembra l’unico capace di leggerne i messaggi profondi, sempre più circondato da un’aura magica, che si svela nel duello finale con la spia inglese, suo alter ego. Costa vi assiste, restandone sconvolto. «Non dimenticherò mai ciò che vidi», racconta il sergente. «Giuro che lo vidi, ma non posso giurare che fosse reale.» 

Per tutta la sua vita, il fantasma enigmatico dello sfuggente Olimpo resterà una presenza costante e ammaliante. 

Il secondo romanzo, “I misteri del capitano Olimpo”, svela la biografia di questo avventuroso personaggio. Nato nel 1900 da una famiglia piccolo borghese, Olimpo attraversa gli eventi che hanno segnato la storia d’Italia, fino allo scoppio della Seconda guerra mondiale: dalla Grande Guerra all’impresa di Fiume, dalla riconquista della Libia alle esplorazioni del Sahara, dall’effervescente atmosfera del Cairo ai languori della Tripoli monumentale del periodo d’oro coloniale. 

Olimpo incontra personaggi realmente esistiti, parla con loro, partecipa agli eventi che li hanno resi famosi, sempre nascosto nel suo cono di invisibilità. Ma accanto a Olimpo, fin dalle prime pagine del romanzo, c’è un’altra presenza, costante, sottile, conturbante: il Sahara. Un paesaggio metafisico che lo accompagna per tutta la sua esistenza, avvolgendolo nelle spire di misteri antichi e nascosti ai colonizzatori. Il Sahara e la Storia: la vita di Marcello Olimpo è un pendolo che oscilla tra questi due estremi. Ne è prigioniero e al tempo stesso artefice. 

Il capitano vive i grandi sommovimenti dell’Italia e del Nord Africa, li respira, li interiorizza, ne è assorbito, ma anche li giudica. Al di là delle avventure, degli eventi storici e degli intrighi dello spionaggio, “I misteri del capitano Olimpo” è più di tutto un romanzo di formazione. La maturazione umana di questo giovane patriota testimonia i fermenti di una generazione che sognava di cambiare il mondo e che si è invece scontrata con il disastro delle guerre fasciste. Una lenta presa di coscienza attraverso il contatto con culture ed esperienze diverse e che trova nell’amore la propria sublimazione, ma anche la propria condanna. 

«Dentro di me sento che dobbiamo costruire una società nuova», confessa Marcello Olimpo. «Lo vorrei tanto, ma tutto il vecchiume che ci sta attorno mi soffoca. Mi sento inutile e per questo sono arrabbiato.» 

Anche Costa vive questo anelito, ma lo realizza a suo modo. Senza volerlo, diventa una figura paradigmatica di tanti italiani che, sopravvissuti alla guerra, hanno dovuto affrontare le macerie della sconfitta, riuscendo a costruire la nuova Italia, vivendo sulla propria pelle le tensioni del confronto tra ideologie; quegli italiani che, usciti dalle secche del dopoguerra, hanno assaporato il benessere, dovendo presto fare i conti con l’insinuante e inesorabile cambiamento dei costumi e della società. 

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